Nuvola
(Al mio paese natio)
All’ora incerta in cui i ricordi diventano fantasmi
m’avvio in un gran subbuglio tra ombre e timore
o forse rabbia per aver lasciato su quelle vie
i sogni dentro una paura.
Tengo stretto lo stelo del passato
inerme e nudo
ma con gran chiarezza mi rivedo bambino,
prego dentro queste mura,
ma la preghiera è troppo ardua per esaudirsi
e allora la mia storia
sia cancellata nella memoria
perché non tormenti più la lieve luna
che dal castello si levava
per illuminare le notti dell’antico borgo di Nuvola.
Lo lasciai senza capire
e andando via guardavo il muschio sulle pareti dell’ultimo
[muro,
solo una donna mi sorrise,
non avrei più rincorso le falene,
né avrei più rivisto i miei amici delle sere estive.
Ora, ritorno spesso in quei luoghi,
ma solo per punirmi e nient’altro,
perché non c’è più il bambino che sognava,
non c’è il mare all’orizzonte,
non c’è più mio padre che mi teneva per mano,
non c’è più niente,
o forse non voglio vedere più nulla.
Maledetto destino che ti fai beffa di me
e muti incessantemente il percorso,
come una danza sinistra ti trascini nelle notti autunnali
mescolando il vento con il silenzio
mentre tante piccole lanterne lasciano la spiaggia
senza un senso e una meta,
solo il rumore della pioggia è uguale dentro questi vicoli
che conobbero il respiro delle notti imperfette
di queste greve sogno.
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